Esclusiva

Febbraio 27 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 28 2024
Le mistificazioni sulla figura di Alexey Navalny e l’accusa di nazismo

Dopo la sua morte, Alexei Navalny è stato oggetto di campagne di disinformazione che lo associano al nazismo. Le narrazioni false sfruttano immagini decontestualizzate o manipolate

Il 16 Febbraio, è morto in carcere Alexei Navalny, principale oppositore del dittatore russo Vladimir Putin. Al momento non si conosce la causa precisa della morte, i suoi collaboratori parlano di un nuovo avvelenamento, dopo quello subito nel 2020 e documentato dal gruppo investigativo Bellingcat. Qualunque sia la ragione per cui il suo fisico ha ceduto, dopo tre anni di carcere duro e gli ultimi mesi trascorsi in un ex gulag oltre il Circolo polare artico, in isolamento e senza accesso a cure mediche, è ragionevole attribuire la totale responsabilità della sua morte al regime di Mosca.

Dopo la morte, molti canali online di disinformazione si sono concentrati sulla figura di Navalny e su alcune presunte ideologie, con l’obiettivo di screditare il dissidente russo agli occhi dell’opinione pubblica. Da un’analisi sulle principali tendenze tramite Google Trends, il nome di Alexei Navalny viene associato ad alcuni argomenti come il razzismo, il nazismo e l’omofobia. Google Trends è uno strumento analitico che permette di individuare la frequenza con cui alcune ricerche vengono effettuate in un dato segmento temporale e se sono correlate ad altre parole, perché vengono ricercate insieme dagli utenti.

Le mistificazioni sulla figura di Alexey Navalny e l'accusa di nazismo
Le mistificazioni sulla figura di Alexey Navalny e l'accusa di nazismo

«È la stessa cosa successa con l’Ucraina», commenta la giornalista ed esperta di Russia Anna Zafesova «per renderla antipatica all’opinione pubblica occidentale si usano queste parole che, si sa benissimo, sono senza fondamento. Queste narrazioni escono esattamente dalle stesse persone e dagli stessi gruppi politici che hanno a lungo cercato inutilmente il regime nazista in Ucraina».

Il racconto di un Navalny estremista, legato al nazismo e a posizioni xenofobe ha avuto di certo un impatto nell’influenzare questo flusso di ricerche. La maggior parte delle accuse si basa su alcune opinioni controverse espresse tra il 2007 e il 2008. In quel periodo, il dissidente lasciò il partito Yabloko, di ispirazione liberale, dove aveva ricoperto il ruolo di capo della sezione regionale di Mosca, per avviare un nuovo movimento politico. Lui e i suoi co-fondatori lo chiamarono Narod, la parola russa per “popolo” e anche un acronimo per Movimento Nazionale Russo di Liberazione. Navalny registrò dei video per presentarlo. Erano il suo debutto su YouTube, piattaforma che ha poi contribuito al suo successo. Uno di questi video, della durata di un minuto, ritrae il politico vestito da dentista, mentre allude a un paragone forzato tra il conflitto interetnico in Russia e le cavità dentali e sostiene che il fascismo può essere evitato solo espellendo i migranti irregolari dalla Russia.

In quel periodo, Navalny partecipò alla Marcia Russa, una manifestazione annuale a Mosca che attira ultranazionalisti, compresi alcuni che adottano simboli simili a svastiche. L’obiettivo era quello di aumentare il proprio consenso e dialogare con un bacino elettorale più ampio della borghesia liberale di Mosca e San Pietroburgo, in un momento in cui qualsiasi movimento di opposizione al Cremlino necessitava compattezza. Risalirebbe a quelle marce la foto girata nei giorni scorsi online in cui faceva il saluto nazista. L’immagine, però, era un fotomontaggio.

Queste mistificazioni, per quanto infondate, lasciano cicatrici pericolose, spiega Zafesova: «Quello di Amnesty International è un caso da manuale: gli aveva tolto lo status di prigioniero di coscienza all’improvviso dopo una campagna sui social, partita da alcuni account apparentemente legati all’estrema sinistra, soprattutto americana, che poi si sono scoperti invece legati a canali di propaganda russa. Dopo poco si sono scusati e hanno restituito lo status, però l’episodio è rimasto».

Navalny ha sempre cercato di unire mondi diversi, anche a costo di attirarsi critiche. Continua Anna Zafesova: «Ha sempre usato la tecnica del voto intelligente, per convogliare tutti i voti di protesta su un unico candidato che ha la maggiore probabilità di farsi eleggere, anche se ideologicamente non affine ai liberali. Quando il candidato con maggiori chance era un comunista Navalny, per esempio, ha messo nelle sue indicazioni di voto sui comunisti, spesso con molte critiche. La sua obiezione è che in un sistema dittatoriale come quello di Putin si punta a scardinare il sistema tutti insieme».

Sempre nel 2007, faceva da moderatore in dei dibattiti tra diverse forze politiche. Uno di questi opponeva il leader nazionalista Maksim Marcinkevič, conosciuto con il nome di battaglia di Mannaia, e alcuni politici liberali. La discussione è presto degenerata e fu Navalny stesso a denunciare Mannaia e a ottenere che venisse incarcerato. Marcinkevič morirà in carcere nel 2020 dopo varie altre condanne, tra cui la divulgazione di video propagandistici di violenze ai danni di persone nere, asiatiche e addirittura l’esecuzione di un tagiko. 

Nonostante alcune narrazioni stiano cercando di avvicinarli, «i nazionalisti, quelli veri, cioè i nazisti russi non lo sopportano proprio – prosegue Zafesova – lo considerano colpevole dell’incarcerazione e della morte di uno dei loro leader. Infatti, se andiamo a vedere i siti dei nazionalisti russi, nessuno lo considera in alcun modo loro alleato, è una pura narrazione».

Nel 2008, Navalny, insieme a buona parte dell’opinione pubblica, sostenne l’aggressione russa in Georgia, lasciandosi andare a commenti razzisti e deumanizzanti nei confronti della popolazione georgiana. Negli ultimi anni, però, non aveva rilasciato dichiarazioni che potrebbero essere interpretate come odio o etno-nazionalismo e si è scusato pubblicamente per i suoi commenti sulla Georgia.

Quanto invece alle accuse di omofobia, non risultano frasi di questo stampo e se ce ne fossero non sarebbe difficile trovarle, visto che i video controversi risalenti al 2007 e 2008 non sono mai stati cancellati dai profili ufficiali del politico. Pur rinnegandone alcuni, ha lasciato che fossero pubblici «perché sono fatti storici». Inoltre, Navalny aveva preso posizione in favore del matrimonio per le coppie dello stesso sesso, chiedendo un referendum e opponendosi alle leggi contro la cosiddetta “propaganda gay” del Cremlino.

Sull’immigrazione, negli anni ha affinato e riformulato la sua posizione, proponendo un regime di visti con i Paesi dell’Asia centrale. Questa linea fa parte di una più ampia piattaforma economica spostata verso sinistra ed elaborata con l’aiuto di Sergei Guriev, economista che ora vive in esilio a Parigi ed è professore a Sciences Po. Nel 2018, Navalny ha incluso nel suo programma un salario minimo federale.

Pur con le sue contraddizioni e i suoi errori, Alexei Navalny ha cercato con coraggio e abnegazione di costruire un’identità nazionale alternativa, moderna e più simile alle democrazie liberali. Il centro delle sue rivendicazioni era la lotta alla corruzione e al clientelismo, che riteneva strutturali nel regime di Putin. La sua tenacia è rimasta immutata negli anni, il suo pensiero, invece, si è sempre evoluto. Ridurne le sfumature all’etichetta di nazista, razzista e omofobo tradisce uno sguardo parziale e la volontà di portare avanti un messaggio fuorviante.

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Articolo di Gennaro Tortorelli, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.