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votazioni

I Verdi italiani si sono sbagliati a votare sul ReArm Europe

«Siamo andati a ricontrollare la votazione e abbiamo sbagliato tutti e tre a votare». Così la parlamentare europea di Europa Verde Cristina Guarda ha spiegato a Pagella Politica un voto contraddittorio, espresso da lei e dai suoi compagni di gruppo al Parlamento europeo sul piano di riarmo proposto dalla Commissione europea.  Il 12 marzo l’aula ha approvato una risoluzione sul futuro della difesa europea, con cui, tra le altre cose, ha detto di «accogliere con favore» il piano ReArm Europe. I quattro parlamentari italiani iscritti al gruppo “Verdi/Alleanza Libera Europea” hanno votato contro la risoluzione, mentre la maggioranza del gruppo ha votato a favore. Stiamo parlando di Cristina Guarda e Benedetta Scuderi, entrambe iscritte al partito Europa Verde, e Ignazio Marino e Leoluca Orlando, entrambi eletti con Alleanza Verdi-Sinistra (formata da Europa Verde e Sinistra Italiana), ma non iscritti a Europa Verde. Fino a qui nulla di insolito: è comune che i parlamentari dello stesso gruppo, ma di

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pastore evangelico

Il pastore evangelico arrivato ai vertici della Lega grazie a Vannacci

«Sono entrato nella Lega grazie al generale Vannacci, che mi ha messo in contatto con Salvini. Porto proposte sui vari temi, che spero siano presto accolte dal partito». Originario di Como, Adriano Crepaldi ha 79 anni di età ed è un pastore evangelico molto attivo in politica. È il presidente dell’Azione Cristiana Evangelica, un’associazione di cristiani evangelici il cui obiettivo è portare i «principi Cristiani nelle istituzioni italiane ed europee», spiega il suo sito ufficiale. I cristiani evangelici sono una delle chiese nate dalla riforma protestante, che non riconoscono la Chiesa cattolica come unica depositaria della parola di Dio.  «Sono impegnato in politica da parecchi anni: la mia missione è quella di portare esponenti del mondo evangelico e cristiano nelle istituzioni, e trovare ascolto dai partiti per le nostre battaglie, per esempio contro l’ideologia gender», ha spiegato Crepaldi a Pagella Politica, sottolineando di «collaborare spesso con associazioni come Pro Vita e Famiglia». La cosiddetta “ideologia

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Salva Milano

«Sul “Salva Milano” abbiamo fatto tutti una figuraccia»

«Sul “Salva Milano” abbiamo fatto tutti una figuraccia: tutti, sia nella maggioranza che nelle opposizioni. Sapevamo chi era Oggioni e nonostante questo ci si è legati mani e piedi a lui. Alla luce di questi fatti, il disegno di legge è morto. Come potremmo noi di Fratelli d’Italia portare avanti ora una misura che di fatto avvantaggerebbe il sindaco Sala, che tra l’altro lui stesso ha chiesto di fermare?». Così un deputato di Fratelli d’Italia – che ha preferito restare anonimo – ha spiegato a Pagella Politica perché il disegno di legge che vuole sbloccare decine di cantieri a Milano non sarà più approvato dal Parlamento. Il futuro del “Salva Milano” si è fatto sempre più complicato negli ultimi giorni. Il 5 marzo il Comune di Milano, guidato dal sindaco di centrosinistra Beppe Sala, ha annunciato in una nota che non sosterrà più il provvedimento, già approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato. Il 7 marzo

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scala arcobaleno

No, a Verona uno studente non è stato punito per essersi rifiutato di salire una “scala arcobaleno”

Il 5 marzo 2025 è stata pubblicata su X la notizia di «uno studente 13enne» di Verona che «si rifiuta di salire su una scala arcobaleno e viene punito con una nota». il ragazzo, si legge ancora, avrebbe dichiarato: «Sono contrario alla comunità #Lgbt”». «Ma se non vuole salire, deve farlo per forza?», commenta l’autore del post, aggiungendo: «E poi parlano di fasc€imo!». La notizia è presentata in maniera fuorviante. Il 10 febbraio 2025 a Verona un ragazzino di 13 anni si è rifiutato di usare una “scala arcobaleno” nella sua scuola, realizzata l’anno precedente in occasione della Giornata contro l’omofobia, per salire al piano di sopra a vedere una rappresentazione teatrale.  Trovi QUI l’articolo completo di Facta

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pressione fiscale

La difesa poco convincente di Meloni sull’aumento della pressione fiscale

Il 3 marzo, ospite del programma Secolo XXI su Rai1, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è difesa dai partiti all’opposizione che, sulla base della crescita della pressione fiscale, accusano il governo di aver aumentato le tasse. Secondo ISTAT, infatti, nel 2024 le imposte e i contributi incassati dallo Stato hanno raggiunto un valore pari al 42,6 per cento del Prodotto interno lordo (PIL), oltre un punto percentuale in più rispetto al 2023. Secondo Meloni, però, questo non dimostra che il governo ha alzato le tasse, anzi: l’aumento della pressione fiscale sarebbe un segnale positivo, anche se il suo governo aveva promesso di abbassarla nel suo programma elettorale. «Mi trovo un po’ in imbarazzo a dover spiegare a dei parlamentari della Repubblica una cosa del genere, ma forse ci aiuta con i cittadini. Quando aumenta la pressione fiscale, non è necessariamente perché aumentano le tasse», ha detto Meloni. «Quindi perché aumentano i dati sulla pressione fiscale? Perché c’è più

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