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La Romania torna alle urne e premia l’estrema destra di George Simion, leader del partito Alleanza per l’unione dei romeni (Aur). Nello spazio aperto dal candidato indipendente e filorusso Călin Georgescu, tagliato fuori dalla corsa presidenziale su decisione della commissione elettorale, si è fatto largo il fondatore di Aur. Il 38enne è in testa agli exit poll con il 40,9% dei voti, con un programma sovranista e critico verso l’annullamento delle elezioni di dicembre per presunte ingerenze russe. Grazie all’endorsement di Georgescu, arrivato quando i due leader si sono presentati insieme alle urne, Simion si è garantito l’accesso al ballottaggio del 18 maggio.
A sfidarlo ci sarà il sindaco di Bucarest Nicusor Dan, candidato indipendente su posizioni europeiste, secondo con il 20,9%. Delusione per Crin Antonescu, sostenuto dalla coalizione di governo composta dai liberali, dai socialdemocratici e dall’Unione democratica magiara, fermo al 20%. Mentre l’ex premier socialdemocratico Victor Ponta, che ha corso da indipendente con un orientamento nazionalista, si attesta al 13%. Tra i residenti all’estero la vittoria dei sovranisti è stata schiacciante, con il 61% degli elettori che ha votato per Simion.
Il risultato rispecchia lo spostamento a destra dell’opinione pubblica romena. «Nei programmi è impressionante la presenza della parola Dio, i riferimenti alla famiglia e ai valori tradizionali, il rifiuto del multiculturalismo», spiega Sorina Cristina Soare, professoressa di Scienza Politica all’Università di Firenze. Nonostante il malcontento dell’elettorato nei confronti dell’Ue, nessuno dei candidati ha messo in discussione la permanenza della Romania nell’Unione.
Le elezioni annullate e la diaspora
Il voto del 4 maggio in Romania è stato l’atto finale di una telenovela che dura dal novembre del 2024, quando si è votato per il primo turno delle presidenziali. Il ballottaggio era previsto per l’8 dicembre 2024, ma è stato annullato dalla Corte Costituzionale il 6 dicembre 2024 a causa di gravi irregolarità e sospette interferenze straniere.
Il primo turno ha visto un risultato sorprendente, con il candidato indipendente di estrema destra Călin Georgescu in testa con il 22,94% dei voti, seguito da Elena Lasconi dell’Unione Salva Romania (USR) con il 19,18%. Tuttavia, indagini successive hanno rivelato presunte interferenze russe, finanziamenti non dichiarati e l’uso di campagne sui social media per influenzare l’elettorato, portando all’annullamento del voto.
Il voto della diaspora romena aveva avuto un ruolo determinante nelle elezioni presidenziali del 2024, in particolare in favore del candidato Călin Georgescu. Tra i circa 848.000 voti espressi all’estero, l’Italia si conferma il primo Paese per affluenza, con oltre 118.000 votanti, pari a circa il 14% del totale della diaspora. Come mostrano i dati dell’Autorità elettorale permanente romena, Georgescu ha ottenuto in Italia il 48,86% dei voti, superando ampiamente tutti gli altri candidati. Questo dato è ancor più significativo se confrontato con la sua performance complessiva all’estero, dove si attesta intorno al 36%.
Il grafico a torta evidenzia il peso numerico dell’Italia nel voto estero, mentre la mappa mondiale mostra come Georgescu sia risultato il candidato più votato in molti dei principali Paesi ospitanti la diaspora romena. L’elevato sostegno ottenuto in Italia rafforza l’idea che la comunità romena residente nel Paese abbia avuto un ruolo centrale nell’ascesa di Georgescu, contribuendo in modo decisivo alla sua affermazione nel primo turno elettorale. «Non è vero che i candidati sovranisti sono avversi alla comunità europea», dice Eugen Terteleac, presidente dell’associazione dei romeni in Italia. Dall’estero è arrivato un voto antisistema «contro chi ha reso possibile l’emigrazione di massa dei cittadini romeni», prosegue Terteleac.
Il dibattito social e le ingerenze russe
La propaganda filorussa ha inondato i social per condizionare i risultati elettorali romeni. A dicembre 2024, i servizi di intelligence avevano segnalato una campagna di manipolazione su TikTok in favore di Georgescu. Oggi la piattaforma ospita teorie del complotto che denunciano un presunto golpe ordito dalla Corte costituzionale insieme ai Paesi occidentali. Gli effetti della disinformazione sono stati fotografati da Brod e Idmo, osservatori sui media digitali attivi in Romania, Bulgaria e Italia. Dall’analisi di 1225 video sulle presidenziali pubblicati ad aprile da 98 account romeni, emerge la centralità del presunto colpo di stato nel dibattito su TikTok. Il 48,5% dei post parlano di brogli, sospensione delle libertà democratiche, contenziosi legali contro l’annullamento delle elezioni e sull’esclusione di Georgescu. Temi che ricevono grande attenzione dal pubblico, collezionando il 59,7% dell’engagement totale, calcolato sommando like, commenti, condivisioni e visualizzazioni. Il pericolo delle fake news di matrice russa è invece affrontato solo dal 7% dei video analizzati.
L’analisi delle narrazioni prevalenti su X mostra un quadro simile. Il grafico illustra le principali narrazioni emerse su X (ex Twitter) durante il mese di aprile 2025, in relazione alle elezioni presidenziali romene e al caso Georgescu. Il tema più ricorrente riguarda l’esclusione di Călin Georgescu, percepita da molti utenti come una deriva autoritaria, seguito dal dibattito sulla libertà d’espressione e dalla polarizzazione tra la sua crescente popolarità e le accuse di legami con la Russia. Emergono inoltre preoccupazioni su corruzione, manipolazione elettorale, e una crisi costituzionale più ampia, mentre si fanno strada narrazioni complottiste su censure, disinformazione e interferenze internazionali. La forte presenza di contenuti che oppongono le élite europee ai candidati “anti-sistema” riflette un clima di sfiducia e radicalizzazione che ha trovato terreno fertile nel contesto della diaspora e sui social. L’ampiezza e la varietà di questi temi dimostrano quanto il caso Georgescu abbia catalizzato un confronto acceso non solo politico, ma anche identitario e geopolitico.
La disinformazione promossa da Mosca ha contribuito a polarizzare il dibattito. «Georgescu ha vinto perché denunciava la corruzione delle istituzioni romene e proponeva in forma messianica di salvare il Paese», dice la professoressa Soare. Durante le sue ricerche, la politologa ha assistito ai meeting dei sostenitori di Georgescu, che gli baciavano le mani accogliendolo come un eroe. Adesso l’esponente filorusso spera in un ruolo di governo. Secondo fonti interne ad Aur, in caso di vittoria al ballottaggio del 18 maggio George Simion potrebbe nominarlo primo ministro. Così si completerebbe l’ascesa dell’uomo che, nonostante l’esclusione formale dalla corsa presidenziale, continua a esercitare una profonda influenza sull’elettorato romeno.