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Esclusiva

Marzo 14 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Novembre 24 2022
Tutte le sanzioni contro Mosca e le aziende che hanno lasciato la Russia

Dopo l’invasione dell’Ucraina i grandi brand occidentali hanno abbandonato la Russia che è colpita anche da dure misure economiche

«Colpiremo la capacità della Russia di finanziare la guerra». È la dichiarazione d’intenti con cui Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha annunciato il 24 febbraio il varo delle prime sanzioni come risposta occidentale all’invasione dell’Ucraina. Le misure sono state prese d’accordo con i paesi del G7 e mirano all’isolamento economico della Russia così da rendere insostenibile la campagna militare. 

Le sanzioni sortiranno effetti nel medio-lungo periodo. Nel frattempo, la Russia continua a bombardare l’Ucraina, ma, come ha dichiarato il presidente americano Joe Biden, queste misure sono l’unico modo per reagire con forza evitando il coinvolgimento militare della Nato

Molte grandi aziende, spinte da queste decisioni o per scelta autonoma, hanno deciso di chiudere o limitare le proprie attività in Russia. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalle contro sanzioni che il governo di Putin ha cominciato a mettere in campo: il blocco dell’export di alcune materie prime, la nazionalizzazione degli impianti chiusi dalle aziende occidentali e presto potrebbe arrivare l’interruzione delle forniture di gas all’Europa.  Di seguito un riassunto delle più importanti decisioni prese dai governi e dalle grandi compagnie occidentali. 

SANZIONI ISTITUZIONALI

L’Unione Europa, d’accordo con i paesi del G7 ha optato per le seguenti misure:

  • restrizioni all’accesso ai servizi e ai mercati finanziari e dei capitali dell’UE per aziende e imprenditori russi;
  • divieto di effettuare operazioni con la Banca Centrale Russa, compresa la ricontrattazione dei Titoli di Stato, una misura drastica la cui efficacia su Mosca potrebbe tardare a farsi sentire, dal momento che il debito pubblico del paese all’inizio della guerra si attestava a non più del 20% del PIL. Sono stati poi congelati tutti gli asset delle banche russe sul territorio comunitario; 
  • chiusura dello spazio aereo e divieto accesso agli aeroporti dell’UE per velivoli russi di ogni tipo;
  • interruzione delle attività di radiodiffusione per le testate Russia Today, Sputnik News, Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24 / Russia 24 e TV Centre International sul territorio dell’UE fino al termine dell’aggressione nei confronti dell’Ucraina e finché non smetteranno di diffondere disinformazione e notizie manipolate riguardanti l’Unione e i suoi Stati membri;
  • Divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo;
  • Divieto di importazione di beni chiave del settore siderurgico dalla Russia; 
  • restrizioni all’esportazione di tecnologie di navigazione marittima e di radiocomunicazione verso la Russia;
  • blocco delle esportazioni dei beni di lusso;
  • sospensione della Russia dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale;
  • revoca delle condizioni di “nazione più favorita” all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio;
  • blocco dell’accesso a SWIFT, il sistema internazionale di pagamento, per dieci banche russe;
  • blocco delle importazioni di carbone dalla Russia a partire da agosto;
  • divieto di accesso ai porti UE per le imbarcazioni battenti bandiera russa, con eccezioni per trasporti relativi a energie, alimentari e aiuti umanitari;
  • chiusura dei trasporti via terra da Russia e Bielorussia, ad eccezioni di beni alimentari e farmaceutici
  • divieto di esportazione di computer quantistici, semiconduttori e altri prodotti hi-tech;
  • divieto di importazione di legname, cemento, fertilizzanti, frutti di mare e superalcolici;
  • divieto di partecipazione ai bandi pubblici nei paesi comunitari per le compagnie russe;
  • proibiti qualsiasi tipo di finanziamento agli enti pubblici russi;
  • divieto di depositi e transazioni di criptovalute tra Russia e UE;
  • divieto di vendita di banconote denominate in euro e in ogni valuta dei paesi membri alla Russia;
  • divieto di acquisto e importazione di oro e gioielli di origine russa.

Le dieci banche colpite dal blocco del sistema SWIFT sono:

  • Sberbank: il più importante istituto di credito russo, che già prima di essere inserito nella lista si era ritirato autonomamente da mercato europeo;
  • Vtb Bank: la seconda più grande di Russia, di cui il governo russo possiede il 60,9% del capitale;
  • Bank Rossiya: associata al regime di Putin e coinvolta nello scandalo dei Pandora Papers;
  • Bank Otkritie: una delle più grandi banche commerciali a servizio del Governo russo. La proprietà è al 99,9% della Central Bank of Russia;
  • Novikombank: di proprietà di una holding statale è specializzata nel finanziamento delle imprese nel settore dei macchinari pesanti, automobilistico, high-tech, petrolio e gas;
  • Promsvyazbank: statale, è la decima per patrimonio tra gli istituti russi;
  • Sovcombank: privata, è al 9° posto tra le banche russe per attività;
  • Veb.rf: una delle più grandi società di investimento e principale istituto di sviluppo in Russia. Il presidente è Igor Shuvalov, ex vice primo ministro.
  • Credit Bank of Moscow
  • Russian Agricultural Bank

Per quattro di queste, tra cui VTB, sono state bloccate tutte le transazioni. SberbankCredit Bank of Moscow e Russian Agricultural Bank sono state inserite nella lista soltanto con il sesto pacchetto di sanzioni varato dalla Commissione il 3 giugno. Sanzionata anche Alfa Bank, di proprietà dell’oligarca Mikhail Freidman. Ancora esclusa Gazprombank, la banca utilizzata per pagare il gas russo che fluisce dal gasdotto Nord Stream 1. Il governo tedesco di Olaf Scholz ha però deciso di bloccare le procedure per la costruzione del Nord Stream 2. . Il Presidente USA Joe Biden ha invece vietato con un ordine esecutivo ogni tipo di investimento in Russia.

Il 9 marzo ulteriori sanzioni sono state varate anche nei confronti della Bielorussia:

  • blocco dell’accesso a SWIFT per tre banche bielorusse, Belagroprombank, Bank Dabrabyt e la Banca per lo sviluppo della Bielorussia; dal 3 giugno è inclusa anche la Banca Bielorussa per lo Sviluppo e la ricostruzione;
  • divieto di effettuare operazioni con la Banca centrale della Bielorussia;
  • limiti ai flussi finanziari dalla Bielorussia verso l’UE;
  • divieto di fornire banconote in euro alla Bielorussia.

È previsto inoltre il blocco delle esportazioni per i seguenti tipi di merce:

  • beni che potrebbero contribuire al potenziamento militare e tecnologico della Russia;
  • beni e tecnologie che potrebbero avere applicazione militare, come prodotti chimici o laser.
  • beni e tecnologie per la raffinazione del petrolio 
  • beni e tecnologie per i settori dell’aviazione o dell’industria spaziale elencati (salvo alcune deroghe). 

Queste misure si aggiungono a quelle già messe in atto dopo l’invasione della Crimea del 2014.

Il 5 ottobre il Consiglio europeo ha raggiunto l’accordo per l’ottavo pacchetto di sanzioni in risposta agli pseudoreferendum con cui Putin ha annesso le zone occupate dell’Ucraina. Tra le nuove misure sono inclusi il tetto al prezzo del petrolio russo e il divieto alle compagnie di navigazione europee di fornire i propri servizi ai carichi di greggio diretti verso il resto del mondo da vendere a un prezzo superiore al massimo stabilito dal G7, oltre a nuove limitazioni al commercio di acciaio, legno, plastica, carta e sostanze chimiche. Stop anche al commercio di diamanti con Mosca e di tutte quelle componenti meccaniche e servizi informatici che possano aiutare l’industria bellica russa. 

ENERGIA

Il settore dell’energia è quello in cui l’Europa è di gran lunga più dipendente nei confronti della Russia e dunque quello su cui è più difficile imporre sanzioni. Prima del price cap sul petrolio Putin incassava dall’Europa oltre 800 milioni di euro al giorno per petrolio e gas, somma che rende più facile finanziare l’invasione. Dall’altro lato l’Europa importava dalla Russia il 25 per cento del greggio e il 45 per cento del gas e uno stop improvviso sarebbe stato economicamente insostenibile. Non mancano però i primi passi in questo senso. 
Polonia, Regno Unito e Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione di interrompere l’importazione di petrolio e gas russi entro l’anno. Nel Regno Unito sarà bloccata anche l’importazione di carbone. L’UE ha dichiarato che entro il 2023 cercherà di ridurre di due terzi la dipendenza energetica da Mosca, per eliminarla del tutto entro il 2027. 
IL 3 giugno l’Unione è riuscita a raggiungere un’intesa per il blocco graduale delle importazioni di petrolio da Mosca. Entro la fine del 2022 è previsto lo stop alle importazioni di greggio che arriva attualmente via nave, con deroghe all’anno prossimo per Croazia e Bulgaria, che si trovano in una situazione di maggiore dipendenza. Tempi più lunghi anche per l’interruzione delle forniture che passano per il cosiddetto Oleodotto dell’Amicizia, attraverso cui il greggio russo arriva in Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, i tre paesi che hanno bloccato per oltre un mese il sesto pacchetto proprio al fine di ottenere questo risultato.

Leggi ancheLe conseguenze dell’ecocidio russo

Per la lista completa delle sanzioni: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/restrictive-measures-ukraine-crisis/

OLIGARCHI

Le misure economiche puntano anche a colpire le personalità più vicine a Putin: gli oligarchi russi
In totale, si parla di 108 entità e 1212 individui, di cui 26 “super ricchi”. Alle persone coinvolte sono stati sequestrati beni e conti nei paesi che hanno approvato le sanzioni e in alcuni casi è previsto anche il ritiro dei visti. Tra gli enti sanzionati rientrano anche «società operanti settore militare o nella cantieristica navale o coinvolte nel furto di cereali ucraini, nonché numerose entità che hanno diffuso propaganda pro-Cremlino e anti-Ucraina». 
Nel Regno Unito è stato posto un limite ai depositi che i cittadini russi possono effettuare sui conti britannici, oltre a diverse misure ad personam. Il G7 ha varato anche una stretta sui cosiddetti passaporti d’oro nei confronti degli oligarchi, ovvero della concessione della cittadinanza in cambio di ingenti investimenti nel paese ospite.
Dall’inizio della guerra l’UE ha inoltre allontanato 260 diplomatici russi. L’Italia ne ha espulsi 30, la Francia 35 e la Germania 40. La Lituania ha cacciato anche l’ambasciatore russo.

Putin e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov sono stati colpiti dalle sanzioni in prima persona: i loro beni negli Stati Uniti, nell’UE, nel Regno Unito e in Canada sono stati congelati. Gli Stati Uniti hanno imposto loro il divieto di accesso al paese. Bloccati anche i conti e i beni delle rispettive figlie e della moglie di Lavrov. Dal 3 giugno, come condizione posta dall’Ungheria per l’approvazione del sesto pacchetto, è stato invece escluso dalla lista il patriarca russo Kirill, che pure si è schierato nettamente a favore dell’invasione.

La lista completa delle persone sottoposte a sanzioni sul sito dell’Unione Europea ai seguenti link:

PROVVEDIMENTI DELLE MULTINAZIONALI

Dopo l’inizio della guerra, molte aziende hanno preso provvedimenti nei confronti della Russia. L’obiettivo è isolare il paese e interrompere la fornitura di beni e servizi. Dal settore della moda al tech, le reazioni sono state graduali e condivise dai colossi mondiali. 

Di seguito verranno elencati i provvedimenti presi dalle aziende, divise per settore.

MODA

Il colosso LVMH ha chiuso i suoi 124 punti vendita in Russia. La multinazionale è proprietaria di marchi come Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Céline, Guerlain, Marc Jacobs, Givenchy, Kenzo, Loro Piana, Emilio Pucci e Louis Vuitton

Prada ha comunicato, con un post su LinkedIn, la decisione di sospendere le attività di vendita nel paese, pur non abbandonando i dipendenti. 

Chanel ha deciso di interrompere i rifornimenti delle boutique e le attività di e-commerce. 
Hermès, che aveva in programma l’apertura di un negozio a San Pietroburgo, ha sospeso le attività dal 3 marzo. Diverse gioiellerie, fra cui Bulgari, nei primi giorni del conflitto hanno visto un picco delle vendite: il crollo del valore del rublo ha reso l’oro un bene rifugio. 

Oltre ai marchi di lusso, anche il mondo del fast fashion prende provvedimenti nei confronti della Russia. H&M, Nike, Levi Strauss e Hugo Boss hanno sospeso tutte le operazioni di vendita, come anche Italia Independent, il brand fondato da Lapo Elkann, inaugurato solo lo scorso gennaio.

Swatch, pur mantenendo aperti i negozi, ha interrotto le spedizioni per i rifornimenti. Infine, anche il colosso dell’arredamento Ikea ha sospeso produzione, vendita, import ed export.

Dal 13 luglio la Lego, la più celebre azienda produttrice di costruzioni per bambini, ha deciso di cessare ogni attività in Russia e ha rescisso il contratto con Inventive Retail Group, il franchise che gestiva gli 81 negozi presenti nel paese.

AUTOMOBILI

Per quanto riguarda il settore automobilistico la questione è più complessa: la Russia è ricca di metalli utilizzati nella produzione di vetture (palladio, nichel, cobalto, alluminio), per questo motivo ospita impianti produttivi di numerosi marchi come Hyundai, Kia, Stellantis, Volkswagen e Renault. Il prezzo dei metalli, dall’inizio della guerra, è aumentato e il rifornimento è diventanto incostante e irregolare. Per ovviare a questo problema, i produttori europei stanno cercando percorsi di approvvigionamento alternativi. Diversi brand hanno deciso, inoltre di sospendere in tutto o in parte le attività in Russia. La prima ad annunciare lo stop è stata la Volvo, seguita poi da Volkswagen, Audi, Porsche, Skoda, Land Rover e General Motors

Anche Renault, dopo essere stata pesantemente attaccata anche dal presidente Zelensky, ha annunciato il suo ritiro definitivo. Tutte le sue attività nel paese sono state vendute allo Stato per la cifra simbolica di un rublo, vendita che include tutti gli stabilimenti e anche la quota azionaria nella russa AvtoVAZla, casa che produce le due auto più vendute nel Paese (Lada Vesta e Granta), di cui l’azienda francese possedeva il 69%.

TECH

Non solo i colossi della Silicon Valley si sono mobilitati per contrastare la guerra in Ucraina attraverso azioni nei confronti del paese invasore, ma anche altre grandi multinazionali nel settore tecnologico. 
Apple ha sospeso i servizi Apple Pay e Apple Maps, oltre a tutte le operazioni di vendita.
Microsoft ha rimosso dal Windows Store le app di Russia Today e Sputnik e ha annunciato a partire da giugno la chiusura di tutti i suoi uffici in Russia, anche se continuerà a rispettare gli obblighi contrattuali con i clienti russi. 
Anche Samsung si è unita alla causa e ha sospeso la vendita di cellulari e microchip, sebbene detenga il 30% delle vendite nel mercato degli smartphone nel paese. Intel, Oracle e Amd hanno affermato di aderire alle sanzioni imposte e Cisco ha garantito supporto logistico per combattere la cyberguerra.  Google Maps ha interrotto il monitoraggio in tempo reale del traffico e della densità di popolazione nei centri abitati in Ucraina, per ostacolare gli attacchi russi. Il colosso americano inoltre ha vietato la monetizzazione pubblicitaria per i siti che diffondo disinformazione filo-putin. Chiusure anche nel settore dei pagamenti, con Paypal, Visa e Mastercard che hanno sospeso i loro servizi. Amazon ha fermato le vendite e le spedizioni su tutto il territorio russo e bielorusso.

SOCIAL MEDIA

Anche I social media hanno previsto misure dopo l’invasione ordinata da Putin. Sputnik e Russia Today sono stati etichettati come mezzi di disinformazione, in quanto strettamente legati al governo, e quindi banditi dall’Unione Europea.

Meta inizialmente aveva impedito la pubblicazione di annunci pubblicitari da parte dei media statali. A distanza di pochi giorni è stato bloccato l’accesso, in Ucraina, agli account russi secondo quanto richiesto dal governo di Kiev. 

Twitter e Meta sono stati bloccati da Mosca, mentre YouTube ha sospeso la monetizzazione degli annunci pubblicitari. Il CEO di Telegram, Pavel Durov, ha esortato gli utenti a diffidare dalle informazioni distribuite sul social sostenendo che, nel caso in cui la guerra proseguisse, verranno presi provvedimenti. 

TikTok ha sospeso il caricamento di video dopo la richiesta da parte della Russia di oscurare (per i minori) i video che proponessero contenuti “falsi” riguardo l’esercito russo. 

TripAdvisor ha bloccato tutte le recensioni con contenuti sulla guerra. 
Spotify ha chiuso a tempo indeterminato i suoi uffici nel paese e ha rimoso dalla piattaforma tutte le pubblicità di provenienza Russa.

Anche Snapchat ha deciso di interrompere gli annunci pubblicitari in Russia, Bielorussia e Ucraina. 
Twitch ha interrotto i pagamenti agli Streamer russi e oscurato gli organi di stampa dello Stato. 
Dopo l’approvazione da parte del Parlamento russo della legge che prevede 15 anni di carcere per coloro che diffondono “notizie false” sulle operazioni militari, moltissime testate (comprese quelle estere) e social media sono stati bloccati o sono stati costretti a limitare i propri contenuti. 

ALIMENTARE

McDonald’s ha deciso di chiudere definitivamente tutti i suoi punti vendita. I circa 850 saranno venduti ad un acquirente locale, così da preservare i 62mila posti di lavoro, ha comunicato la Tass.
Starbucks e Coca-Cola hanno annunciato la sospensione delle attività commerciali nel paese.
Pepsi ha interrotto, oltre alle attività commerciali, anche gli investimenti di capitale e le attività di promozione.
Anche KFC e Pizza Hut hanno deciso di sospendere le vendite nel territorio russo.
Eataly ha chiuso l’accordo di franchising per il punto vendita di Mosca. Nestlé, dopo le critiche ricevute e l’attacco hacker da parte di Anonymus, ha deciso di sospendere la distribuzione di diversi marchi in Russia come KitKat e Nesquik. Continuerà però a garantire la vendita di prodotti essenziali e per bambini.

SPORT 

Le sanzioni da parte del mondo dello sport sono arrivate tempestivamente. Il 28 febbraio Fifa e Uefa hanno escluso la Russia da tutte le loro competizioni: la Nazionale è stata squalificata dai playoff per la qualificazione ai mondiali 2022 e lo Spartak Mosca eliminato dall’Europa League. La Nazionale e il campionato russo sono stati anche rimossi dal videogioco della federazione. Ai calciatori stranieri che giocano nelle squadre russe e ucraine è concesso di rescindere i contratti in essere fino al 30 giugno.
Con un comunicato emanato il 2 maggio la Uefa ha fatto sapere che le Nazionali e i club russi saranno escluse anche da tutte le competizioni maschili e femminili della stagione 2022-2023, comprese quelle di calcio a cinque. Inoltre è stata dichiarata inammissibile la candidatura della Russia ad ospitare gli Europei 2028 o 2032.

La Uefa ha, inoltre, rescisso la partnership con Gazprom e Adidas non sarà più sponsor tecnico della Nazionale russa. Il Comitato Olimpico Internazionale ha impedito agli atleti russi e bielorussi di partecipare alle competizioni. La Federazione Internazionale di pallavolo ha comunicato che la Russia non sarà più la sede dei mondiali 2022. Lo Schalke 04, squadra di calcio tedesca, ha rimosso lo sponsor Gazprom dalle maglie. Anche il Manchester United ha concluso i rapporti con la compagnia aerea russa Aeroflot. Invece l’Everton ha interrotto la collaborazione con gli sponsor Usm, MagaFon e Yota, che possedevano quote della società. La F1 ha eliminato i Gran Prix previsti in Russia per quest’anno e per i successivi.  La finale Champions League non avrà luogo a San Pietroburgo come inizialmente previsto, ma a Parigi.

Nel tennis la mano di ATP e WTA è stata più leggera: gli atleti russi e bielorussi possono partecipare alle competizioni del circuito, pur senza bandiera e senza inno. Ma gli organizzatori di Wimbledon, il torneo più prestigioso al mondo, forti della lor autonomia, hanno deciso di andare oltre queste scelte, vietando la partecipazione ai tennisti dei paesi aggressori, compresi il numero due del ranking maschile Danil Medvedev e la numero uno femminile Aryna Sabalenka

CINEMA E SPETTACOLI

L’Eurovision ha escluso dalla sua competizione il concorrente russo e le multinazionali di distribuzione di contenuti cinematografici hanno intrapreso politiche di contrasto nei confronti del paese di Putin. Netflix, cominciando con la sospensione delle produzioni in Russia, è arrivato all’interruzione totale del servizio di streaming. La Disney ha annunciato la sospensione graduale di tutte le attività sul territorio, dopo che aveva già bloccato, insieme a tutte le altre major hollywoodiane (Warner, Paramount e Universal) la distribuzione dei propri contenuti. 

SETTORE ENERGETICO 

Al di là delle decisioni politiche alcuni colossi del settore petrolifero hanno deciso di tagliare i propri legami con le aziende russe: la British Petroleum vuole cedere le proprie quote di Rosneft, la compagnia di Stato russa, nella quale ha una partecipazione di quasi il 20%. Anche la Shell ha annunciato lo stop all’acquisto di petrolio russo e contestualmente la volontà di interrompere la joint venture con il colosso Gazprom. Decisioni simili per l’americana Exxon, la norvegese Equinor e la danese Orsted.

Il 22 marzo la multinazionale francese Total ha annunciato che «in stretto accordo con le attuali e future sanzioni europee» smetterà entro l’anno di acquistare petrolio russo, che rappresenta circa il 20% del suo mercato. Il comunicato della società precisa però che continuerà a fornire all’Europa dagli impianti della russa Yamal (di cui possiede il 20%) «finché l’Europa riterrà che il gas russo sia necessario».

TRASPORTI

I colossi dell’aereonautica Boeing e Airbus hanno deciso si sospendere ogni tipo di attività in Russia, dalla fornitura di componenti al supporto tecnico. Riguardo i velivoli dati in affitto a compagnie russe l’Europa ha dato tempo fino al 28 marzo per terminare i contratti, ma il governo di Putin ha vietato alle compagnie nazionali di volare all’estero con apparecchi noleggiati da aziende straniere, rendendone quindi impossibile il recupero.

SETTORE BANCARIO

Credit Agricole che aveva già sospeso i finanziamenti alle aziende russe, ora ha annunciato l’interruzione di tutti i servizi. Mentre BNP Paribas, la banca più grande dell’eurozona, ha informato i suoi clienti nel Paese che nelle prossime settimane cesserà di operare ogni tipo di transazione.
I due istituti di credito si adeguano alle iniziative della tedesca Deutsche Bank e dei colossi americani Goldman Sachs e Jp Morgan, che avevano lasciato la Russia fin da metà marzo.

Le contro-sanzioni di Putin

In risposta alle azioni intraprese dall’UE e dagli altri paesi occidentali, il 3 maggio Putin ha firmato un ordine esecutivo«per proteggere gli interessi della Federazione Russa in risposta alle azioni ostili intraprese dagli Stati Uniti e da altri Stati», recita il sito del Cremlino. Il comunicato specifica che i contenuti precisi del decreto saranno resi noti entro dieci giorni. Una volta emanato il decreto dovrebbe prevedere il divieto di stringere accordi commerciali e condurre operazioni finanziare con persone ed entità sottoposte a sanzioni. Inoltre «il documento impone lo stop all’esportazioni di beni e materie prime prodotte o estratte in Russia quando il destinatario è sottoposto a sanzioni».

Le misure andranno ad aggiungersi o a sostituire quelle già messe in atto nelle settimane precedenti. 
Fin dal 28 marzo, per far fronte al congelamento delle riserve monetarie della Banca Centrale Russa all’estero, al divieto di esportare euro e di effettuare pagamenti in rubli, il Cremlino ha stabilito il divieto di esportare all’estero le riserve di valuta straniera detenute in Russia, se non con speciali permessi.

Per rafforzare la propria sicurezza informatiche il governo di Mosca ha impedito di acquistare software o servizi stranieri da utilizzare in infrastrutture strategiche. Dal 2025 sarà vietato del tutto l’utilizzo di software stranieri.

Per quanto riguarda l’acquisto di gas, Putin ha emanato un ordine esecutivo che impone a chi acquista il gas russo di pagare in rubli. L’ordine prevede la possibilità di aprire un conto in rubli presso Gazprombank da affiancare a un in euro. Il pagatore verserebbe sul proprio conto in euro, ricevendo in cambio i rubli con cui pagare. Ma in questo caso sono state le stesse istituzioni di Bruxelles ad aver messo in chiaro che ricorrere a questo espediente costituisce una violazione delle sanzioni. In realtà la maggior parte delle aziende europee ha accettato di aprire il doppio conto, anche se già prima le banche russe erano obbligate per legge a convertire l’80% dei proventi del settore energetico in rubli. Chi ha scelto la linea della fermezza è stata la Finlandia, che ha rifiutato il metodo di pagamento proposto e di conseguenza si è vista bloccare le forniture di gas (il 5% del fabbisogno energetico del paese) a partire dal 21 maggio. Il 14 giugno Gazprom ha annunciato una riduzione del 60% dell’afflusso di gas diretto in Germania tramite il gasdotto Nord Stream 1, giustificando la decisione con la mancata consegna di una turbina da parte della Siemens a causa delle sanzioni imposte dal Canada. A partire dal 27 luglio il flusso è ridotto al 20% della capacità, ufficialmente sempre per problemi tecnici, versione però contrastata dal governo tedesco. Il 5 settembre il presidente russo ha annunciato che il Nord Stream 1 rimarrà bloccato fino a quando fino a quando le sanzioni, che secondo la versione di Putin sono la causa dei problemi di manutenzione, non verranno revocate. La decisione arriva come risposta alla proposta della Commissione Europea di imporre un tetto al prezzo dei combustibili fossi importati da Mosca. L’impianto è stato successivamente interessato da alcune esplosioni che hanno aperto delle falle nelle condotte che passano nel Mar Baltico. In Italia il gas russo continua a fluire attraverso l’Austria, ma al 10% della quota inizialmente prevista dai contratti. 

Il divieto di utilizzare valute dei “paesi ostili” riguarda anche le operazioni di trasporto navale del gas liquefatto e la stipula di tutti i nuovi contratti commerciali con aziende estere. Sul fronte diplomatico, in risposta alle espulsioni dei propri diplomatici da parte dei paesi Occidentali, Mosca ha numerosi diplomatici europei. A metà aprile il ministero degli Esteri ha dichiarato “persona non grata”, 21 diplomatici belgi, 15 dei Paesi Bassi e 4 dipendenti dell’ambasciata austriaca. Il 18 maggio sono stati rimandati in patria anche 35 francesi, 27 spagnoli e 24 italiani.

Il Cremlino ha inoltre diramato una lista di quasi mille cittadini statunitensi e canadesi a cui è stato vietato, con un atto di efficacia simbolica più che fattuale, l’ingresso in Russia. Tra questi figurano il presidente americano Joe Biden, la sua vice Kamala Harris e la speaker della Camera Nancy Pelosi. Alle tre maggior cariche dell’amministrazione americana si aggiungono il segretario di Stato Anthony Blinken e il suo predecessore Mike Pompeo (l’unico notabile della presidenza Trump ad essere stato sanzionato) e il premier canadese Justin Trudeau, ma anche l’attore Morgan Freeman e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg.

Articolo di Silvano d’Angelo, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.