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Esclusiva

Marzo 2 2022
«La censura non sconfigge la disinformazione» il parere dell’European Federation of Journalists

Dopo la decisone dell’Unione Europea di oscurare i media russi RT e Sputnik c’è chi, come l’EFJ, non è d’accordo

Articolo di Antonio Cefalù, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.

«L’apparato mediatico del Cremlino» scomparirà dall’Europa, almeno per ora. La Commissione Europea ha annunciato che oscurerà «urgentemente» i media russi RT (Russia Today) e Sputnik nell’Unione Europea. Una mossa per evitare che la loro «disinformazione tossica e dannosa» continui a «giustificare la guerra di Putin», usando le parole della presidente Ursula von der Leyen.

RT e Sputnik sono finanziati dalla Russia e non è un segreto che condividano informazioni parziali o propagandistiche. Tuttavia, la decisione di censurare una fonte di informazione dev’essere ponderata con attenzione. Siamo sicuri che sia questa la strategia migliore per combattere la disinformazione?

Secondo Ricardo Gutiérrez, segretario generale dell’European Federation of Journalists (EFJ), la risposta è no. «Quest’atto di censura può avere un effetto totalmente controproducente sui cittadini che seguono i media che sono stati banditi — ha dichiarato —. Per noi è sempre meglio contrastare la disinformazione dei media propagandistici svelando i loro errori fattuali o il cattivo giornalismo, dimostrando la loro mancanza di […] indipendenza, sottolineando la loro lealtà agli interessi dei governi e la loro insensibilità per gli interessi pubblici».

Von der Leyen ha specificato come questa decisione non sia stata presa «con leggerezza», dato che l’UE «dà grande importanza alla libertà di stampa». D’altro canto, però, Gutiérrez risponde che «la sfida delle democrazie» è proprio «combattere la disinformazione mantenendo al contempo la libertà di espressione». Un compito in questo caso disatteso, secondo lui. 

«Il vero antidoto alla disinformazione non è l’esclusione dei media, ma la promozione di un ecosistema mediatico che sia vibrante, pluralistico, professionale, etico, accessibile e totalmente indipendente da chi è al potere». Inoltre, mosse come quelle della Commissione, possono scatenare un effetto domino, «come quando DW è stato bandito in Russia in risposta al ban di RT in Germania. Il risultato di questa escalation è stato l’impoverimento del pluralismo in Russia».

Sulla stessa linea, Christo Grozev, ex direttore della rivista di giornalismo investigativo Bellingcat, sostiene che bloccando RT e Sputnik «non si otterrà alcun risultato positivo», in quanto ciò darà alla Russia «false giustificazioni per bloccare BBC o Der Spiegel», per fare degli esempi.

Anche Gürkan Özturan, coordinatore del progetto Media Freedom Rapid Response, è d’accordo: «La censura porta solo all’espansione dei problemi, anche di fronte alla disinformazione più sfacciata. Possiamo capirlo se lo fa la Russia, visto che il Cremlino non ha mai promesso un’atmosfera pluralistica. Ma se succede nell’Occidente, si va contro i suoi valori fondamentali».

Per Özturan, questo potrebbe anche creare un precedente pericoloso per altri Stati: «Pensate al sistema informativo devastato di Paesi come la Turchia, che useranno questo come un pretesto per silenziare le voci indipendenti che rimanevano». 

La EFJ suggerisce una serie di azioni considerate più efficaci nel contrasto della disinformazione. Fra queste, aumentare il supporto al giornalismo indipendente, rinforzare lo status sociale dei giornalisti e incoraggiare il pluralismo e l’indipendenza dei direttori editoriali.

I media russi e la questione legale

Rimane da capire, in ogni caso, su che basi legali potrà mettersi in atto la misura della Commissione. Sempre secondo Gutiérrez, l’Unione «non ha il diritto di garantire o ritirare le licenze di broadcasting», perché questa è una competenza esclusiva degli Stati membri. 

Per il momento, è ancora possibile visitare i due media russi dall’Europa. Ciononostante, la diffusione di RT e Sputnik si trova già fortemente limitata. TikTok, YouTube e Meta, infatti, hanno bloccato l’accesso alle loro pagine su tutte le loro piattaforme — incluse Facebook e Instagram.