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Esclusiva

May 9 2022.
 
Ultimo aggiornamento: February 15 2023
L’ex manager di Gazprom a Repubblica: “Così fabbricavo fake news per il Cremlino”

Domenica 8 maggio, La Repubblica, con la firma di Fabio Tonacci ha intervistato Volobuev, ex direttore generale delle pubbliche relazioni e del servizio stampa di Gazprom. Volobuev ha vissuto per trentadue anni a Mosca, “vedendo dall’interno la cucina russa della disinformazione”.

Nella Piazza Rossa, a Mosca, sfilano ordinati i plotoni dell’esercito russo. Accanto a loro carrarmati, missili e bandiere seguono il lungo corteo. Il 9 maggio in Russia è il giorno della Vittoria, quando, nel 1945, i nazisti firmarono la resa incondizionata durante la Seconda Guerra Mondiale. Mentre in Ucraina prosegue la guerra che dal 24 febbraio sta distruggendo il Paese, Vladimir Putin è seduto in mezzo a generali e veterani di guerra che per l’occasione hanno tirato a lucido le medaglie. “Dovevamo difenderci” è la sintesi del suo messaggio alla Nazione. La storia che, ancora una volta, viene distorta e asservita alla propaganda di regime. 

Da quell’ambiente, militarista e subdolo, è fuggito a marzo uno dei dirigenti più importanti di Gazprombank e Gazprom, Igor Volobuev, russo ma ucraino di nascita. Gazprombank è la banca dalla quale passano le transazioni economiche riguardanti il gas, l’altra è la multinazionale più famosa di Russia, chiave del potere economico del Cremlino. 

Domenica 8 maggio, La Repubblica, con la firma di Fabio Tonacci ha intervistato Volobuev, ex direttore generale delle pubbliche relazioni e del servizio stampa dell’azienda. Nato a Okhtyrka, nella regione di Sumy a nord-est dell’Ucraina, una delle prime città bombardare dai russi, Volobuev ha vissuto per trentadue anni a Mosca, “vedendo dall’interno la cucina russa della disinformazione”. 

Il lavoro del suo dipartimento? Fare disinformazione “non solo contro le aziende ucraine ma contro l’intero Paese […] Tra il 2008-09, durante la guerra del gas, il compito dell’ufficio di cui ero a capo, era dimostrare che gli impianti ucraini avevano un tasso altissimo di guasti, che Kiev non investiva negli ammodernamenti e che quindi era più conveniente bypassarli. Un modo per screditare l’Ucraina e toglierle lo status di principale Paese di transito” dice a Repubblica Volobuev. 

Il ritorno in Ucraina non è stato facile per lui, dovendosi muovere all’interno di una nazione aggredita con i documenti russi: un miracolo che sia riuscito a passare tutti i checkpoint. Il suo ritorno in Patria “è un atto di penitenza. Voglio ripulirmi dal mio passato russo. Mi vergogno, anche io sono responsabile di questa guerra e mi pentirò per tutta la vita” confida a The Insideril primo giornale ad aver raccolto la sua testimonianza. 

Lasciando la Russia, Volobuev ha dovuto scegliere tra l’Ucraina e la sua famiglia, scrive Reuters, nonostante l’ex dirigente di Gazprom non abbia voluto dare ulteriori informazioni sulla sua situazione familiare. “Non sono venuto qua per cercare sicurezza. Se l’avessi cercata sarei rimasto a Mosca a vivere una vita agiata. Sono venuto ad aiutare la mia terra madre, nonostante mi abbiano spiegato che non posso aiutarli sul campo” racconta all’agenzia di stampa britannica. 

Dall’interno della classe dirigente, Volobuev ha spiegato come Putin stia portando la Russia alla rottura, spaventando non solo il mondo occidentale che segue con apprensione la guerra e anche gli oligarchi più vicini all’autocrate di Mosca. Dice, parlando degli oligarchi a Tonacci, “dopo l’arresto di Khodorkovski (imprenditore in esilio dal 2003 a Londra, dopo aver fondato la fondazione anti-Putin ‘Open Russia’) hanno capito la lezione. Se però l’UE impedisce loro di entrare nel territorio e continua con le sanzioni, presto cominceranno a fare qualcosa per rovesciarlo”. 

La guerra di Putin sta minacciando i loro averi, ma non solo. Dall’inizio dell’invasione in Ucraina sono sette, come riportato dalla Deutsche Welle, gli oligarchi morti in circostanze sospette, spesso con le proprie famiglie, e che Mosca ha classificato come suicidi. L’ultimo accaduto il 19 aprile a Lloret de Mar, dove nella villa di Sergei Protosenya, “sono stati trovati i corpi dell’oligarca e della moglie. La prima accoltellata, il secondo impiccato nel giardino della villa” si legge sul sito della testata tedesca. 

Ventiquattrore dopo è stato il turno di Vladislav Avayev, anche lui trovato morto nella sua casa dopo aver sparato alla figlia e alla moglie, secondo le ricostruzioni delle autorità russe. Ad alimentari i sospetti è proprio Volobuev nell’intervista rilasciata a The Insider: “non lo conoscevo, ma so che al momento del suo presunto suicidio era ancora vice-presidente di Gazprom. Non credo che nella sua posizione fosse capace di commettere quel crimine. Credo che sapesse qualcosa e che potesse diventare una minaccia”. 

Articolo di Leonardo Pini, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.